il sorriso è una curva che può raddrizzare tante cose ;)

Un sorriso è una curva che raddrizza tutto

condiviso da   Dott.ssa Giulia Schena        

Ci sono giornate che cominciano male, proseguono male, finiscono peggio. Giornate in cui sembra che nulla vada per il verso giusto.
Ma finché è una giornata, si può sempre ripartire.

Ci sono, poi, periodi neri; periodi in cui sembra che tutto si sia sintonizzato per crearci problemi, periodi in cui gli eventi si susseguono uno peggio dell’altro, periodi in cui nulla va come si vorrebbe.
Ma finché è un periodo, passa e si sta meglio.

Ci sono, poi, vite. Vite che sembrano essere disperate; vite in cui le giornate che vanno male si sono accumulate, diventando periodi neri, facendo sì che, da un certo momento (non si sa nemmeno bene quando) qualsiasi cosa si sia dipinta di toni sbiaditi di grigio e sia stata smarrita la possibilità di ripartire, di vedere la luce in fondo al tunnel.

E quando si è accumulata così tanta tristezza, così tanto senso di inadeguatezza, così tanta svalutazione, è difficile pensare che si possa stare meglio; sembra impossibile che qualcosa, qualunque cosa, possa essere di aiuto.
E così si perdono anche le possibilità di trovare vie d’uscita, in un circolo vizioso, in cui spesso, senza accorgersene, ci si autosabota e si perpetuano le possibilità che tutto vada male.

Spesso (anzi quasi sempre), poi, lo star male di una persona non è privo di significato: ha uno scopo, seppur non chiaro e manifesto. Star male può servire a far sentire gli altri utili, può servire a tenere in piedi una famiglia, può servire a evitare di discutere di qualcosa di peggio, può servire a chiedere un po’ di attenzione.
La difficoltà di uscirne, quindi, sta anche nel fatto che è difficile pensare a come sarebbe se non fosse così… È difficile chiedere a tutti quelli che si hanno intorno di cambiare: sì, perché se tutto va sempre storto e io non riesco a gestirlo e a un certo punto cambio e trovo una via d’uscita, anche chi ho intorno è costretto a cambiare, a cambiare prospettiva, a cambiare l’idea che ha di me, a cambiare il modo in cui reagisce alle mie azioni (perché le mie stesse azioni sono cambiate). Il fatto che sia difficile, però, non significa né che sia impossibile, né che non faccia bene: magari a tutti fa bene uscire dal tunnel e vedere una realtà nuova.

Tutto questo è particolarmente vero nelle famiglie. In tutte le famiglie normali ci sono cose che vanno bene e cose che funzionano meno; ci sono persone che ce la fanno e persone che arrancano; ci sono abiti facili da indossare e storie che si vorrebbero seppellire sotto un tappeto.
Quando qualcosa che non va (o qualcuno che non risponde completamente ai canoni che ci si aspettano) diventa il centro della realtà, piano piano tutto si collega a quello e tutto perde di gioia, di potenzialità positive.

Facciamo un esempio, semplice e concreto, in cui tante famiglie si possono rivedere:
Ci sono una mamma e un papà, due genitori sufficientemente buoni (perché sappiamo che perfetti non esistono), che ce la mettono tutta per educare i figli in un certo modo e che hanno delle aspettative nella media: dei figli tutto sommato educati, che riescono più o meno bene in quello che fanno (che sia l’imparare a camminare a un anno o l’andare bene a scuola a quindici) e che sono più o meno felici.
A un certo punto uno dei figli si comporta in modo inaspettato, fa i capricci o diventa un po’ aggressivo. I genitori si sentono responsabili e, del resto, da tutti vengono additati come tali. Cominciano a preoccuparsi e a voler controllare il comportamento del figlio, il quale, dal canto suo, si sente sotto pressione, si sente al centro dell’attenzione, non sa neanche lui bene cosa stia accadendo. E così non può certo migliorare. E ogni giorno ce n’è una. Anche quando tutto sembra andare bene, la preoccupazione fa sì che lo sguardo torni là dove le cose non vanno. E più ci si concentra a provare a cambiare le cose, meno ci si riesce.
Eccoci qua. Tutto nero. Tutto non funziona. “È colpa tua” – “No, è colpa tua”. “Perché tutte a me?” – “Sei sempre il solito”. Una vita disperata.

A questo punto due sono le cose.

La prima è che si può chiedere aiuto. Capita a tutti e sempre capiterà che ci si possa trovare impantanati senza neanche sapere come si è finiti nel fango, quindi non c’è niente di male a dire “aspetta un attimo, meglio cercare un altro punto di vista”.

La seconda, più immediata, da fare sempre, anche quando non si è in crisi, ogni sera prima di andare a dormire: fermatevi un attimo, guardate indietro alla giornata appena trascorsa, e trovate una cosa positiva. Una cosa per cui sorridere. Una singola, piccola, anche insignificante, cosa. Ditevela, concedetevela.
Ci saranno un milione di cose che non sono andate bene, ma prima di lasciarvi andare al mondo dei sogni, pensate per un attimo a quell’unica cosa che è stata ok. Basta anche aver trovato il rotolo di carta igienica pieno nei bagni pubblici. O aver visto che in giardino è spuntato un fiore.
O aver sentito alla radio una canzone che vi piace. O aver beccato un semaforo verde.
E se proprio proprio non vi viene in mente, spero che oggi, almeno, non abbiate pestato nessuna cacca per strada.

imageEcco, basta questo per poter andare a letto col sorriso. Fatelo. E magari condividete quello che di positivo è venuto in mente a voi, con il vostro partner, con i vostri figli: moltiplicherete insieme i pensieri positivi e tutti potrete salutarvi pensando che tutto sommato non siete poi così male.

condiviso da   Dott.ssa Giulia Schena